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Comunicato stampa del Co.Di.S.A. di Brescia e di ChiariAmbiente del 15 luglio 2013

 

Nei prossimi giorni una commissione del consiglio Regionale della Lombardia verrà a Brescia per approfondire il “caso Caffaro” e per cercare di porre fine ai tragici ritardi nell’avvio delle bonifiche.

Le associazioni che rappresentiamo ritengono utile richiamare l’attenzione su alcuni fatti che possano aiutare  a comprendere la gravità della situazione ambientale bresciana (che non riguarda solo la città) e il suo impatto negativo sulla salute pubblica.

 

  1. Nel gennaio del 2010 l’ARPA aveva previsto delle centraline di controllo per gli inquinanti pericolosi di origine industriale (Benzo(a)pirene (IPA) e metalli pericolosi, As, Cd e Ni) a Brescia San Polo, Chiari, Odolo e Travagliato. La campagna di indagine è stata imposta dalle direttive europee recepite nel nostro ordinamento. Modificando senza giustificazioni il piano originario l’ARPA ha attivato solo le centraline di Brescia, villaggio Sereno e quella di Darfo!?

In pratica si è evitato di monitorare le zone a più alto rischio di inquinamento industriale contrariamente a quanto stabilito dalle legge. Non possiamo credere che la Provincia di Brescia sia stata estranea a queste decisioni e comunque deve trovare con urgenza le risorse per attuare il primo progetto dell’ARPA. Il caso “caso Caffaro” ha dimostrato che gli inquinanti pericolosi di origine industriale possono provocare enormi danni alla salute pubblica.

 

  1. Nella seduta del 17 maggio 2011 il consiglio Regionale della Lombardia ha approvato una mozione che impegna la Giunta Regionale ad “… organizzare, in accordo con ARPA, un piano integrato di controlli sul territorio regionale, in particolare nelle zone ritenute più critiche per la presenza di impianti potenzialmente inquinanti, che comprenda la misura dei contaminanti nelle deposizioni al suolo, nell’aria, nei vegetali presenti, nei mangimi e il controllo di tutti i parametri che potrebbero essere utili per dare risposte certe sulle cause di tale fenomeno (contaminazione da diossine di uova) ai cittadini lombardi”…. I risultati di tale piano di controlli non sono ancora stati illustrati e comunque la decisione contrasta con il comportamento della Giunta Regione Lombardia che ha sicuramente voce in capitolo anche per le scelte dell’ARPA (vedi punto precedente).

 

  1. A partire dal 31 dicembre 2011, gli imprenditori bresciani associati nel consorzio Ramet dell’A.I.B di Brescia (n. 22 aziende Metallurgiche Bresciane) hanno siglato un accordo di autoriduzione delle emissioni di diossine in aria da 0,5 a 0,1 ng/Nm3(-80%), oltre alla riduzione delle polveri in aria del 50%. E’ auspicabile che tale riduzione sia recepita da tutte le autorizzazioni (A.I.A.) in corso di rinnovo. Purtroppo, fino ad ora, la politica sia livello regionale che provinciale ha ignorato questa opportunità per ridurre l’impatto sulla salute pubblica dell’inquinamento industriale. Non si può dimenticare che la Provincia di Brescia ha un’altissima concentrazione di fonderie (acciaio, alluminio, cuproleghe) e produce gran parte dell’acciaio d’Italia e gran parte dell’ottone europeo.

 

  1. La nota stampa dell’ASL di Brescia del 2 aprile 2013 ha evidenziato che alcune malattie e tumori sono più diffusi nell’ovest bresciano rispetto alla città. Questo fatto dimostra che la nostra provincia è interessata da fenomeni di inquinamento insostenibile anche in aree periferiche e l’intervento pubblico dovrebbe dare la precedenza alle aree con una situazione sanitaria più grave.

Ci pare comunque evidente che la situazione sanitaria bresciana è talmente grave da raggiungere la testa della classifica italiana e anche a livello internazionale ha pochi casi a cui si può paragonare per gravità. In questo contesto oltre all’ARPA anche l’ASL si dimostrata inadeguata per svolgere la sua funzione di prevenzione sanitaria.

 

  1. In data 22 maggio 2013 la stampa locale ha riportato una dichiarazione Presidente della Provincia di Brescia sugli accertamenti delle emissioni di diossine in aria a Brescia che sono doppie rispetto a quello di Taranto. E’ evidente che le emissioni in aria delle diossine sono legate all’attuale attività industriale e non alle pur tragiche attività della “Caffaro” che sono terminate da molto tempo. Non si può ignorare che gli interventi straordinari dello stato e della regione Puglia all’ILVA di Taranto sono stati determinati dalle alcune leggi regionali pugliesi e dalle indagini sistematiche dell’ARPA Puglia che hanno agito diversi anni prima,  mentre per Brescia le leggi regionali non ci sono e l’ARPA è volutamente mantenuta in uno stato di inadeguatezza cronica. Perché non si è cercato di dare piena attuazione alla mozione approvata il 17 maggio 2011 dal Consiglio Regionale e perché non si procede all’attuazione del primo piano di controllo dell’ARPA (gennaio 2010) sugli inquinanti pericolosi di origine industriale? Basta verificare la mappa satellitare delle emissioni in aria delle diossine nella provincia di Brescia per convincersi della urgente necessità di intervento.

 

  1. L’individuazione delle aree critiche per l’inquinamento atmosferico non può continuare a seguire il criterio delle zone limitrofe alle grandi città perché ci sono aree densamente popolate della provincia con grossi impianti industriali che hanno una qualità dell’aria peggiore di quella riscontrata in città (vedi ad esempio la relazione ARPA sulle le misure del PM10 a Chiari. Perché l’Ovest Bresciano è cosi povero di centraline di rilevamento pur avendo impianti molto inquinanti? Perche la centralina del comune di Chiari è stata dismessa?

A questi fatti si aggiungono pesanti ritardi e inadempienze che le nostre associazioni hanno ripetutamente denunciato nell’attuazione delle AIA di importanti aziende metallurgiche della nostra provincia e che sono tuttora disattese.

In un momento di crisi economica dalle radici profonde, emergono i drammatici contorni di un disastro ambientale, frutto amaro di uno sviluppo e di un’industrializzazione selvaggia, dove il primato era solo e soltanto il produrre a qualunque costo, anche umano.

Nella caduta di un sistema economico globale, scollegato dai valori di bene comune e di comunità, oggi ci troviamo a discutere se è prioritario il posto di lavoro o la salute umana dentro e fuori dalla fabbrica.

Noi pensiamo che il lavoro sia uno strumento per vivere e

non possiamo accettare di produrre il pane che ci avvelena.

Il lavoro e l’ambiente sono due facce della stessa medaglia ed è necessario trovare un equilibrio e un’armonia che rispetti entrambi: il ricatto tra lavoro e ambiente non è più accettabile in una civiltà avanzata.  Non si può tornare indietro e ignorare le nuove sensibilità sull’ambiente sempre più diffuse.

La Lombardia ha una delle più alte concentrazioni di fonderie (acciaio, alluminio, leghe di rame), si produce gran parte dell’acciaio d’Italia e Brescia ne detiene il primato.

Alcuni dei principali imprenditori bresciani del settore, associati nel consorzio Ramet (A.I.B.), hanno siglato un accordo di autoriduzione delle diossine dall’attuale limite consentito di 0,5 a 0,1 ng/Nm3, che deve essere recepito dalle autorizzazioni (A.I.A.) in corso di rinnovo nei prossimi mesi.

 

CHIEDIAMO

  • alla Regione Lombardia
  1. di acquisire e diffondere con urgenza l’esperienza bresciana di riduzione delle diossine in tutte le provincie;
  2. di introdurre, come già realizzato dalla regione Puglia, la riduzione degli inquinanti pericolosi e la valutazione sanitaria;
  3. di eseguire analisi sistematiche sulla salute dei cittadini nei pressi delle aree industriali;
  4. di attuare il Piano di controlli sugli inquinanti pericolosi di origine industriale previsto dall’ARPA nel gennaio del 2010 modificando la zonizzazione prevista dalla delibera della Giunta Regionale n. 2605 del 30/11/2011.

 

  • alla Provincia di Brescia (Alla Regione Lombardia in caso di soppressione delle province)
  1. di recepire nelle prossime A.I.A. le buone pratiche dell’accordo bresciano (riduzione del limite delle diossine e delle polveri e campionatori in continuo);
  2. di richiedere all’Arpa continui monitoraggi in tutte le matrici ambientali sulle aree a rischio di insalubrità e su tutte le aziende che emettono sostanze pericolose per la salute;
  3. di costituire una commissione provinciale sulle politiche ambientali e sull’ analisi della situazione sanitaria provinciale aperta anche alle associazioni ambientaliste.

 

  • a tutte le istituzioni, di trovare i fondi (anche europei) per le bonifiche necessarie a risanare i siti inquinati, riportando in luce la nostra situazione non meno grave di Marghera e Taranto, oggi all’attenzione di tutti;
  • agli imprenditori bresciani, di avanzare nella direzione intrapresa dal consorzio Ramet;
  • ai tutti i complessi industriali, di applicare al meglio le disposizioni di riduzione delle emissioni pericolose;
  • alle Trafileria Carlo Gnutti di Chiari, di adeguarsi al più presto ai nuovi limiti di emissione promessi per il 2013 e nello stesso tempo di ridurre le emissioni nelle acque che vengono utilizzate in agricoltura.

 

 

Giuseppe Ramera                                                                                                            Angela Paparazzo

Presidente di ChiariAmbiente                                                                                      Presidente Co.Di S.A.

Gruppo Ambientale di ACLI Anni Verdi

 

 

DURPRESS: altra devastazione ambientale in arrivo ?

Il 23 luglio 2013 ci sarà la presentazione pubblica del progetto “Ampliamento DURPRESS”.

Dai documenti che ho potuto leggere si possono avanzare le seguenti osservazioni:

  1. Non si tratta di un ampliamento della DURPRESS ma di un aumento della superfice coperta del 340,63%?! Il maggior consumo di suolo agricolo arriva a di 53,6 piò. Dopo la Bebemi + aree rifornimento, TAV, polo del produrre, golf e tangenziali varie equivale a voler abbandonare la vocazione agricola del nostro territorio. Inoltre la caratteristiche sono tali da far saltare l’accordo con i Comuni (Chiari, Castelcovati, Urago e Rudiano) per il polo del produrre. Anche gli altri comuni vorranno autorizzare altri insediamenti produttivi oltre al polo del produrre;
  2. L’insediamento è sicuramente soggetto ad AIA codice IPPC 2.6 (Vasche di trattamento superficiale dei metalli superiori ai 30 mc) ma questo aspetto non è specificato nella relazione preliminare e non è nemmeno quantificata l’aumento delle emissioni in acqua di inquinanti pericolosi come il Nichel, COV, IPA e in aria le emissioni sono comunque importanti anche se i dati forniti sono scarsi. Quant’è il volume delle acque emunto dal sottosuolo e scaricato nelle acque destinate all’agricoltura? La relazione preliminare non lo precisa;
  3. Si cercherà di evitare, come al solito, la valutazione di impatto ambientale in un’area come l’Ovest Bresciano che detiene primati di malattie, PM10 e PM 2,5. Fino a quando si cercherà di nascondere le verità scomode?. Perché abbiamo disattivato la centralina del PM10 acquistata dal comune di Chiari? Perché non abbiamo preteso una campagna di indagine sugli inquinanti pericolosi di origine industriale che l’ARPA aveva pianificato (come da prescrizioni di legge) e poi è stata spostata a Darfo? Perchè non abbiamo mai misurato la quantità delle diossine, PCB e IPA presenti nell’aria che respiriamo?;
  4. Il nuovo insediamento non prevede la fusione dell’alluminio. Ma dove saranno fuse le 24.000 tonnellate annue di alluminio in più? Quasi certamente a qualche chilometro di distanza (Manerbio?, Pontevico? sempre in provincia di Brescia!). Questo nuovo impatto ambientale possiamo permettercelo? Siamo già in testa nella graduatoria nazionale per i tumori e per le malattie legate all’inquinamento! direi di no. Non possiamo dimenticare il nuovo insediamento produttivo per produrre mescole di gomma a Coccaglio? Quanti solventi rilascia in aria questo nuovo insediamento trasferito dalla bergamasca? Risulta evidente la volontà di urbanizzare e industrializzare tutte le aree a nord della Brebemi.
  5. Possiamo non considerare che andiamo a costruire in un’area probabilmente inquinata dall’attività precedente? sicuramente no;
  6. Le Trafilerie C. Gnutti non hanno risolto le criticità delle due AIA di cui sono già titolari a Chiari (Emissioni fuori legge nelle acque destinate all irrigazione agricola ed emissioni troppo elevate di inquinanti pericolosi in aria (L’adesione al consorzio Ramet rimane solo una dichiarazione di buona volontà);
  7. Perchè i nostri agricoltori devono rinunciare all’opportunità di sviluppare l’agricoltura biologica? Quanto vale questa rinuncia?
  8. Perchè i nostri figli e nipoti devono pagare con gravi danni alla salute uno sviluppo industriale senza regole? Quanto valgono questi danni? Chi paga?
  9. Mi sembra un prezzo troppo alto da pagare per qualche posto di lavoro guadagnato nell’industria metallurgica che ci obbliga a rinunciare a un nuovo sviluppo agricolo che potrebbe portare molto lavoro sostenibile e una migliore qualità della vita;
  10. Perchè le Trafilerie Gnutti in cambio di questo regalo milionario dovrebbero costruire la caserma dei Carabinieri? I padroni delle Fonderie vengono associati con il comune di Chiari nella gestione del territorio? Le Trafilerie Gnutti pagano almeno l’IMU dovuta?

Credo che dovremmo cercare di bloccare questo progetto o almeno di imporre la riduzione complessiva delle emissioni inquinanti e pericolose nella nostra zona.

ChiariAmbiente è nato per questi motivi.

Aspetto i vostri commenti.

A presto

Giuseppe Ramera

 

Presidente di ChiariAmbiente

Denuncia scarico in seriola – 14 Gennaio 2013

Spett. Nucleo Operativo Ecologico
dei Carabinieri di Brescia

Spett. ARPA LOMBARDIA
Dipartimento di Brescia
Alla c.a.:
Dott.ssa Alessandra Ferrari,
P.i. Aldo Macarana,

Facendo seguito alla lettera ARPA n. 5464/13 del 14 gennaio 2013, vi segnaliamo quanto segue:

1. A nostro giudizio le ripetute richieste dei funzionari (Quali?) del comune di Chiari di deviare lo scarico idrico delle Trafilerie Gnutti nei canali destinati all’irrigazione agricola, non trova riscontri nella realta dei fatti. Non ci sono interventi urgenti di manutenzione sulla roggia castrina in corso e comunque le Trafilerie Gnutti possono attivare il secondo scarico nella seriola Vecchia.
2. Vi inviamo anche il Link da dove è possibile scaricare il filmato dello scarico industriale delle Trafilerie Gnutti, registrato in data odierna, dal quale risulta che parte dello scarico continua a riversarsi nei canali dell’irrigazione agricola per un difetto di chiusura del partitore.
3. Poichè è facilmente dimostrabile che nello scarico sono presenti sostanze pericolose, è evidente che siamo in presenza di un reato previsto dal D. Lgs. n. 121 del 17 luglio 2011. Vi chiediamo di intervenire con urgenza.

Cordiali saluti

Giuseppe Ramera
Presidente di ChiariAmbiente
Sezione locale di ACLI ANNI VERDI

Osservazioni al PRIA della Regione Lombardia – 6 Gennaio 2013

Oggetto: Osservazioni di ChiariAmbiente al PRIA della LOMBARDIA – Piano Regionale degli interventi per la qualità dell’Aria
Osservazioni di ChiariAmbiente al PRIA della LOMBARDIA – Piano Regionale degli Interventi per la qualità dell’Aria
1. Manca una legge regionale sulla riduzione delle diossine in atmosfera (vedi L. Regionale Puglia n. 44 del 19dic08 e n. 8 del 30mar09 e interventi simili di altre regioni). Molte aziende soggette ad AIA rispettano solo il limite Regionale lombardo di 0,5 ng/Nm3. In Lombardia le AIA degli impianti industriali (ad eccezione degli inceneritori) prescrivono il limite di 0,5 ng/Nm3 per l’emissione delle diossine in aria, mentre il consorzio Ramet dell’Associazione Industriali di Brescia (n. 22 aziende Metallurgiche Bresciane) si è autoimposto il limite di 0,1 ng/Nm3 (-80%) per l’emissione delle diossine in aria, oltre alla riduzione del 50% delle polveri emesse in aria;
2. I controlli ARPA in Lombardia sono molto inferiori a quelli previsti dalla nuova AIA rilasciata all’ILVA di Taranto. In Lombardia sugli impianti industriali vale sostanzialmente l’autocontrollo con pochissime verifiche ARPA;
3. Manca una legge regionale sulle misure urgenti per il contenimento del benzo(a)pirene (vedi legge Regionale Puglia n.3 del 28feb11). Nelle zone (Darfo, Sondrio e Meda) dove c’è stato il superamento del limite di 1 ng/m3, anche tre anni di seguito, non sono state adottate misure significative;
4. In Lombardia i rilievi ARPA delle concentrazioni annue di benzo(a)pirene As, Cd e Ni sono molto pochi e sono ubicati lontano dai grossi impianti industriali;
5. A Brescia ad esempio il piano del gennaio 2010 dell’ARPA aveva previsto delle centraline di controllo a Brescia San Polo, Chiari, Odolo e Travagliato. In pratica si sono attivate solo le centraline di Brescia villaggio Sereno e quella di Darfo. Perché?
6. La più grossa fonderia di ottone d’Europa è ubicata a Chiari e potenzialmente potrebbe essere il punto di emissione più importante per il cadmio oltre al fatto che nello stesso impianto industriale sono autorizzate grandi quantità di IPA. Perché le misure di questi inquinanti dell’aria si sono fatte solo in zone meno critiche?
7. Manca una legge sulla valutazione del danno sanitario che potrebbe permettere di individuare le aree ad elevato rischio di crisi ambientale (vedi Legge Regionale Puglia n. 21 del 24lug12);
8. L’individuazione delle aree critiche per l’inquinamento atmosferico non può continuare a seguire il criterio delle zone limitrofe alle grandi città. Perché ci sono aree densamente popolate della provincia con grossi impianti industriali che hanno una qualità dell’aria peggiore di quella riscontrata in città (vedi ad esempio la relazione ARPA sulle le misure del PM10 a Chiari).
In fede
Giuseppe Ramera
Presidente di ChiariAmbiente
Gruppo Locale di ACLI Anniverdi
Piazza 28 maggio n.1 – 25032 – CHIARI (Bs)

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